Il mio piccolo Everest
Questa mattina, durante la colazione, Matteo mi dice: ”Mamma, chiedimi se rifarei l’esperienza di andare a Ponte di Legno!!!”
Io paziente porgo la domanda e lui con due occhi sorridenti che esprimevano già tutto esclama: “Certo che sì, mamma!!!”
Secondo voi questo non dice già tutto?
È passata circa una settimana da quando Matteo ha partecipato all’esperienza proposta dal Comitato Maria Letizia Verga denominata: Scalare il proprio Everest in Val Camonica.
Osservando mio figlio, senza chiedere molto, perché speravo in cuor mio che fosse lui a raccontarmi le sue esperienze e le sue emozioni, era evidente che la sua autostima e la sicurezza nel gestire le sue cose personali erano migliorate. Matteo si sta riprendendo in mano la sua vita. In una settimana è riuscito a riappropriarsi della sua autonomia.
Con la malattia io “mamma” sono entrata in simbiosi con mio figlio Matteo e pur nella difficoltà a lasciarlo andare da solo a vivere questa settimana “lontano” da me, ritengo sia stata la cosa più saggia che potessi fare, per lui ma soprattutto per me.
Nella mia testa, quando abbiamo ricevuto l’invito, pensavo continuamente: “Come può gestire tutto da solo? Riuscirà a prepararsi, a portarsi lo zaino? Riuscirà a percorrere questi sentieri di montagna senza il mio prezioso aiuto?”.
E invece, dopo tutte queste paure, questa ansia da parte mia naturalmente, Matteo ha vissuto un’esperienza unica ed indimenticabile.
Ha conosciuto altri bambini che come lui hanno dovuto lottare per la loro vita e tutti sono riusciti a raggiungere il loro Everest, tutti si sono rimessi in gioco, tutti hanno capito che la loro vita li stava aspettando e che meritava di essere vissuta.
La sig.ra Rosi sempre disponibile e attenta alle loro esigenze; il Dott. Pavan una vera scoperta di umanità e simpatia, sempre pronto a giocare con loro: i proprietari dell’Albergo Mirella a Ponte di Legno che hanno ospitato i nostri piccoli eroi; e per ultimi, ma non per importanza, le guide alpine e tutti i volontari che li hanno accompagnati nelle escursioni e con i quali hanno condiviso questa esperienza speciale.
Hanno dormito nel sacco a pelo al Rifugio Bozzi, ma prima hanno cantato tutti insieme canzoni di montagna.
Esperienza entusiasmante, visto che non smetteva di raccontare e di farci vedere le sue stupende fotografie: trincee della prima guerra mondiale, panorami mozzafiato, marmotte, cervi, stambecchi, e – perché no – un filmato mentre con il sedere si sciava sul ghiacciaio.
I bambini hanno affrontato al meglio il loro piccolo Everest, e noi genitori abbiamo affrontato il nostro, il distacco, lo sciogliere quel nodo che ci lega a doppio filo con i nostri figli.
Ecco perché consigliamo agli operatori di proporre questa esperienza in procinto o subito dopo lo stop terapia. Noi adulti abbiamo bisogno d’imparare dai nostri bambini.
Monica e Oreste, genitori di Matteo