Drepanocitosi

La drepanocitosi o anemia a cellule falciformi è una malattia cronica, ereditaria, cioè acquisita dai genitori e trasmissibile alla prole, autosomica recessiva (cioè entrambi i genitori sono portatori sani della malattia), sistemica (in cui cioè tutti gli organi sono interessati), caratterizzata prevalentemente da crisi intermittenti di occlusione vascolare che causano dolore ed infiammazione e maggiore suscettibilità alle infezioni e alle trombosi. Gli eventi intercorrenti possono essere gravi.

Quanto è diffusa e dove?

In passato in Italia la malattia era diffusa prevalentemente nelle regioni del Sud; in Europa è presente in particolare in Albania.  Oggi la malattia è particolarmente diffusa nelle regioni temperate ed equatoriali del mondo, in particolare nell’Africa sub-sahariana, ma, in conseguenza dei flussi migratori degli ultimi decenni, la drepanocitosi è diffusa a livello globale.

Ogni anno nascono migliaia di bambini con drepanocitosi in tutto il mondo e la prevalenza sta aumentando. Nel 2008, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite definiva la drepanocitosi “un problema di sanità globale”, istituendo la Giornata Mondiale della Malattia Drepanocitica, il 19 giugno.

L’Unione Europea ha inserito la drepanocitosi tra le Malattie Rare. L’Italia è dotata di linee-guida nazionali per la gestione delle complicanze acute e croniche di questa malattia e sono stati sviluppati percorsi diagnostico-terapeutici specialistici e mirati per rispondere alle necessità di questi bambini.

Da cosa è causata?

La drepanocitosi è causata dalla presenza di una emoglobina anomala, l’emoglobina S, che si forma per una mutazione genetica del gene della beta globina. Le globine compongono l’emoglobina, deputata al trasporto di ossigeno all’interno dei globuli rossi. I drepanociti, globuli rossi con forma anomala a “falce” per la presenza dell’emoglobina patologica S, tendono più facilmente a rimanere intrappolati nel microcircolo aderendo alla superficie dei vasi sanguigni causando sia un rallentamento del flusso ematico, sia un possibile danno loco-regionale per la carenza di ossigeno al tessuto vascolarizzato a valle del vaso. I drepanociti, inoltre, vengono più rapidamente distrutti e rimossi dal circolo sanguigno ad opera dei macrofagi e della milza (emolisi cronica).

Quali forme?

La malattia drepanocitica comprende varie forme dovute alla presenza di emoglobina S da sola od in associazione ad altre varianti dell’emoglobina:

forma S/S: entrambi i genitori sono portatori di emoglobina S;

forma di talasso-drepanocitosi o micro-drepanocitosi S/beta: un genitore è portatore di emoglobina S, l’altro è portatore sano di beta talassemia;

forma S/C: un genitore è portatoredi emoglobina S, l’altro è portatore sano di emoglobina C. Clinicamente questa forma dovrebbe di solito avere manifestazioni più lievi e più tardive negli anni rispetto alla forma S/S o S/beta.

Come si trasmette?

La malattia viene trasmessa dai genitori, entrambi portatori di emoglobina S oppure un genitore con emoglobina S e l’altro con anemia mediterranea o altra variante emoglobinica (esempio emoglobina C). Ad ogni gravidanza, vi è il 25% di possibilità di avere figli malati di drepanocitosi come illustrato nella Figura.

 

Come si manifesta clinicamente?

Le principali manifestazioni cliniche della malattia sono:

crisi dolorose vaso-occlusive: crisi di dolore intenso con conseguente infiammazione e talvolta infezione a carico di qualunque distretto (torace, addome, arti etc.); nei bambini più piccoli queste crisi possono causare tumefazione delle dita delle mani e dei piedi (dattiliti). E’ importante intervenire il prima possibile nel bloccare il dolore per evitare che la crisi dolorosa peggiori e comporti complicanze d’organo. A domicilio in caso di dolore somministrare prontamente paracetamolo al dosaggio adeguato per età (ripetibile ogni 6 ore); in caso di non risposta somministrare ibuprofene o ketoprofene orale a stomaco pieno (ripetibile ogni 8 ore) avvisando il centro telefonicamente. Se il dolore rimane o torna o è molto intenso, recarsi subito in Pronto Soccorso.

infezioni: predisposizione ad infezioni anche gravi (osteomieliti, ascessi etc) in particolare verso i germi capsulati (cioè Meningococco, Pneumococco ed HaemophilusInfluenzae). È pertanto molto importante eseguire le vaccinazioni raccomandate (vedi paragrafo specifico) e la profilassi antibiotica. In caso di febbre deve essere avviata pronta terapia antibiotica, meglio con valutazione clinica e degli esami ematici.

anemia acuta/cronica: dovuta all’aumentata distruzione dei drepanociti (crisi emolitiche) o più raramente alla ridotta produzione di globuli rossi giovani (crisi aplastiche): l’anemia si manifesta con stanchezza, capogiri, difficoltà a salire le scale e a svolgere sforzi minori della vita quotidiana;

sindrome toracica acuta: complicanza polmonare caratterizzata da dolore toracico, febbre, polmonite, talvolta insufficienza respiratoria con fabbisogno di ossigeno e di fisioterapia respiratoria che richiede il ricovero ospedaliero;

sequestro splenico: evento acuto in cui le cellule del sangue vengono transitoriamente sequestrate dalla milza (più raramente dal fegato) con addominalgia e calo significativo delle conte periferiche (non solo dei globuli rossi ma anche delle piastrine e dei globuli bianchi), più spesso nel bambino piccolo od in età prescolare; può associarsi a febbre e tende a ripresentarsi, cioè a manifestarsi ripetutamente. Può essere una urgenza medica.

eventi cerebraliacuti (ictus) e cronici (microischemie): i drepanociti a livello cerebrale possono portare a eventi drammatici di mancata perfusione ed ossigenazione con danni cerebrali permanenti. Possono manifestarsi con cefalea molto intensa e comparsa di sintomi neurologici (alterata visione, difficoltà a mantenere la stazione eretta, a parlare, a pensare etc.). Sono complicanze molto gravi per cui è necessario attivare il 118. L’esame periodico del Doppler Transcranico, da eseguirsi annualmente a partire dai due anni di vita, studia i vasi cerebrali ed ha lo scopo di prevenire tali eventi;

osteonecrosi: necrosi dell’osso che non viene adeguatamente vascolarizzato a causa delle crisi vascolari falcemiche. Può portare a edema e deformazione dell’osso con dolore e deformità permanenti che richiedono un trattamento chirurgico;

priapismo: nel maschio i drepanociti possono causare a livello penienoedema, tumefazione e dolore del pene. È una urgenza medica per cui bisogna recarsi subito in Pronto Soccorso per i trattamenti specifici del caso;

trombosi vascolari: eventi trombotici che si verificano per la maggiore viscosità e coagulabilità del sangue possono causare gravi danni d’organo a seconda del distretto vascolare interessato.

Secondo le raccomandazioni nazionali ed internazionali (AIEOP, NHS, NIH), al paziente con drepanocitosi che si presenta in Pronto Soccorso con manifestazioni di malattia, dovrebbe essere sempre attribuito al triage almeno il “Codice Giallo”, di priorità.

Come si cura?

E’ importante approccio di cura globale al paziente, “comprehensive care”, che prevede una particolare attenzione oltre alle necessità sanitarie, anche a quelle sociali, linguistiche e culturali dei bambini affetti da drepanocitosi e delle loro famiglie.

La PREVENZIONE delle complicanze legata alla malattia si basa su:

– mantenere una idratazione abbondante quotidiana;

– seguire una corretta alimentazione varia e ricca in frutta e verdura per garantire una adeguata crescita e sviluppo psicofisico;

– mantenere uno stile di vita sano, favorire l’attività sportiva (evitare attività subacquea e sport in alta montagna) con gli opportuni accorgimenti (abbondante idratazione orale, adeguato allenamento, frequenti pause).

– evitare le temperature eccessivamente basse o alte;

– eseguire le vaccinazioni raccomandate in età pediatrica secondo il calendario vaccinale ed in particolare contro i germi capsulati cioè l’HaemophilusInfluenzae, il Meningococco B e C (e ACWY in età adolescenziale), il Pneumococco (non solo 13valente, ma, dopo i due anni di vita anche 23valente) con i loro richiami periodici; la vaccinazione anti-COVID 19 (raccomandata); la vaccinazione antinfluenzale annuale.

– monitorare il danno d’organo (polmone, rene, occhio, cuore, osso, encefalo) con follow-up strumentali e valutazioni specialistiche opportunamente programmate presso il centro di riferimento.

La TERAPIA della drepanocitosi si basa su: 

·  Idrossiurea: induce l’aumento di emoglobina Fetale presente fisiologicamente nell’organismo (che così compete con l’emoglobina S patologica), migliora la deformabilità dei drepanociti, diminuisce la viscosità del sangue. Va assunta quotidianamente una volta al giorno con continuità.

·  Scambi eritrocitari: lo scambio di volumi di sangue ha lo scopo di ridurre i livelli circolanti di emoglobina S sostituendola con emoglobina normale e di migliorare l’ossigenazione dei tessuti. Gli scambi possono essere:

–  manuali (MEEX): consistono nella sostituzione di un volume di sangue del paziente mediante salasso con sangue di un donatore sano (trasfusione). È una procedura relativamente semplice, che viene fatta al letto del paziente, anche in bambini piccoli e in ospedali periferici; può essere ripetuta più volte.

–   automatizzati (EEX): detta anche eritrocitoaferesi, viene eseguita presso un Centro di Aferesi o presso il Centro Trasfusionale in ospedali altamente qualificati. Mediante scambi di abbondanti volumi ematici, ha lo scopo di abbassare i livelli di emoglobina S portandoli transitoriamente a quelli di un portatore. Nel bambino il suo uso può essere limitato dalla difficoltà nel reperire accessi venosi validi (necessari due accessi venosi di calibro adeguato) e dalla lunga durata della procedura (qualche ora in Aferesi collegati al macchinario).

Le trasfusioni semplici di globuli rossi sono da riservarsi a quei casi in cui vi è una moderata-grave anemia.

La terapia trasfusionale avviene secondo due modalità diverse:

–        acuta o occasionale, episodica: eseguita per la gestione di complicanze acute della malattia;

–        cronica o periodica: riservata a quei soggetti in cui la malattia si manifesta con complicanze e problematiche significative per un miglior controllo della malattia. La frequenza degli scambi eritrocitari è variabile, generalmente da 3-4 settimane (nel caso di scambi manuali) fino a 8-12 settimane (negli scambi automatizzati).

·  Crizanlizumab: è un anticorpo monoclonale che agisce contrastando la viscosità del sangue e quindi ostacolando lo sviluppo di crisi vaso-occlusive. E’ un farmaco endovenoso che viene infuso in ambiente ospedaliero usualmente ogni 4 settimane. È disponibile in Italia dai primi mesi del 2022 in ragazzi di età superiore ai 16 anni per la prevenzione degli episodi dolorosi. Sono in corso studi per l’uso in età pediatrica.

·  Nuovi farmaci: diverse sono le nuove molecole in fase di sperimentazione per il trattamento della drepanocitosi. Il trattamento di questa patologia nei prossimi anni vedrà certamente cambiamenti significativi con la possibilità di impiego di diverse linee di terapia o composizioni di più farmaci.

La terapia di SUPPORTO prevede:

· Profilassi antibiotica: dalla diagnosi i soggetti affetti da drepanocitosi devono assumere una profilassi antibiotica giornaliera (es: amoxicillina orale monodose serale) per prevenire le infezioni batteriche.

·  Vitamine (acido folico e vitamina D): assunti continuativamente o a cicli, sono di supporto nel controllo della malattia.

·  Analgesici: a domicilio in caso di dolore è raccomandata l’assunzione dei comuni analgesici orali (paracetamolo ripetibile ogni 6 ore, ibuprofene o ketoprofene ripetibile ogni 8 ore, da assumersi sempre a stomaco pieno). Qualora il dolore non fosse controllato, si raccomanda di recarsi al Pronto Soccorso. Anche in caso di febbre (temperatura ascellare superiore o uguale a 38°C) è raccomandata la somministrazione di paracetamolo prima di recarsi dal medico od in Pronto Soccorso.

·  Farmaci ferrochelanti: sono farmaci che legano ed eliminano il ferro in eccesso che può essersi accumulato in seguito a ripetute trasfusioni di sangue o procedure di scambio eritrocitario. Vengono somministrati solo in casi selezionati e per periodi di tempo limitati.

Il soggetto con drepanocitosi viene inserito dal medico specialista presso il centro di riferimento regionale, nel Registro Malattie Rare ed ha diritto ad una esenzione ticket, RDG010.

Esistono terapie curative?

Trapianto di midollo osseo

Il trapianto di midollo osseo è al momento l’unico approccio standardizzato per la cura definitiva della drepanocitosi. Negli ultimi anni, grazie al miglioramento delle tecniche trapiantologiche e dei farmaci chemioterapici utilizzati, la sopravvivenza libera da malattia si raggiunge nell’80-90% dei casi.

L’epoca migliore per eseguire il trapianto di midollo, è la prima infanzia, l’età prescolare o comunque entro i dieci anni di vita.

Il trapianto è possibile in presenza di un donatore familiare identico (ogni fratello ha il 25% di possibilità di avere lo stesso codice genetico cioè sistema HLA) oppure di un donatore da banca compatibile (cioè con una alta compatibilità del sistema HLA).Trapianti aploidentici, cioè da genitore, vengono eseguiti con buoni risultati seppur per definizione, il genitore dona al figlio metà del proprio corredo genetico.

Le principali complicanze del trapianto di midollo osseo sono:

·  le infezioni: dovute all’immunosoppressione indotta dalla chemioterapia di preparazione al trapianto, cioè il regime di condizionamento;

·   il rigetto: dovuto al ricevente che rifiuta le cellule midollari del donatore. Più spesso si tratta di rigetto secondario, cioè che avviene dopo l’attecchimento iniziale del nuovo midollo osseo. Nelle settimane/mesi seguenti, lentamente, la quota di midollo appartenente al donatore (chimerismo) cala progressivamente. Il bambino sta bene, ma può ritrovarsi, a distanza dal trapianto, nuovamente affetto da drepanocitosi per la ricostituzione del proprio midollo osseo;

·  la malattia trapianto verso l’ospite o graft o GVHD (cioè graft-versus-hostdisease): le cellule del donatore non riconoscono il corpo del ricevente e lo attaccano. È un processo immune che può coinvolgere diversi organi del corpo e che può durare mesi. Richiede il trattamento con farmaci immunosoppressivi.

La terapia genetica 

La terapia genica consiste nell’inserire in laboratorio il gene correttamente funzionante nelle cellule midollari dei pazienti affetti da drepanocitosi (midollo espiantato). Si tratta di un trapianto autologo di cellule staminali con rischi e complicanze inferiori rispetto al trapianto di midollo osseo da altro donatore (assente rischio di rigetto e di malattia trapianto verso l’ospite, inferiori i rischi infettivi per una chemioterapia di preparazione ridotta). Al momento è una terapia ancora in fase sperimentale nella drepanocitosi.

Il portatore di emoglobina S o di tratto drepanocitico

Soggetti portatori di emoglobina S sono ormai diffusi in tutto il mondo.

La trasmissione dello stato di portatore di emoglobina S è autosomica recessiva, cioè il soggetto eredita dal proprio genitore tale condizione e la trasmette nel 50% dei casi ad ogni gravidanza ai propri figli.

La diagnosi si basa sull’emocromo e sull’elettroforesi dell’emoglobina.

I soggetti portatori di emoglobina S sono generalmente asintomatici, non hanno alcuna compromissione delle normali attività quotidiane e hanno una aspettativa di vita normale.

Tuttavia, molto raramente e prevalentemente in situazioni estreme (come nella disidratazione grave), sono riportate possibili manifestazioni cliniche di malattia, quali ematuria (cioè sangue nelle urine), ischemie o trombosi della milza o della papilla renale, lisi del tessuto muscolare, crisi di dolore. Terapie specifiche verranno considerate nei rari casi di portatori di tratto falcemico, sintomatici, presso centri di riferimento. Il rischio che si verifichi un evento acuto è controllato generalmente da adeguate misure precauzionali atte a prevenire la disidratazione, il surriscaldamento e l’eccessiva fatica fisica, con l’opportuno e graduale aumento dello sforzo fisico. Lo stato di portatore di emoglobina S non controindica pertanto la partecipazione a sport agonistico, purché venga seguito un programma adeguato di allenamento.

È raccomandato, in particolare nei primi anni di vita, eseguire annualmente esami ematochimici periodici: emocromo, funzionalità epatica e renale, esame chimico-fisico delle urine completo. Gli stessi esami verranno monitorati secondo indicazione medica in presenza di possibile sintomatologia riconducibile allo stato di portatore di emoglobina S.

Se un soggetto è portatore di emoglobina S, il partner deve essere studiato dal punto di vista ematochimico con un esame del sangue (emocromo, elettroforesi dell’emoglobina) per escludere un rischio riproduttivo in programmazione di una gravidanza. Se due partner sono entrambi portatori di emoglobina S oppure uno con emoglobina S ed il partner con anemia mediterranea o altra variante emoglobinica, vi è fino al 25% di possibilità di avere figli malati di drepanocitosi.

Consulenza genetica e diagnosi prenatale

La consulenza genetica deve essere eseguita nelle coppie a rischio riproduttivo in cui entrambi i genitori sono portatori di emoglobina S o di anemia mediterranea (alfa o beta talassemia) o di altra variante dell’emoglobina (ad esempio emoglobina C oppure emoglobina E, etc).

E’ fondamentale che la consulenza genetica avvenga prima di una gravidanza o nelle primissime settimane di gravidanza per permettere, ove ritenuto necessario, di eseguire una diagnosi prenatale.

La consulenza genetica fornisce le informazioni necessarie, permette la conferma diagnostica molecolare con l’identificazione delle mutazioni nei genitori. Con le mutazioni genetiche identificate nei genitori è possibile eseguire nelle prime settimane di gravidanza la villocentesi così che la coppia possa essere adeguatamente informata sul nascituro e prendere le decisioni del caso