Anemia Aplastica Acquisita

Che cos'è l'Anemia Aplastica Acquisita (AAA)?

L’Anemia aplastica acquisita (AAA) è una rara malattia ematologica, non oncologica, caratterizzata netta riduzione di globuli bianchi, globuli rossi, piastrine nel sangue (pancitopenia periferica) talora molto grave, conseguente all’insufficienza midollare delle tre linee cellulari, in assenza di un infiltrato midollare tumorale.

Quanto è frequente e come si classifica l'Anemia Aplastica Acquisita?

L’incidenza dell’Anemia Aplastica Acquisita in Europa e Nord America è di circa 2 nuovi casi/anno/per milione di abitante, mentre aumenta fino a 4-6 per milione nell’est asiatico e nei paesi dell’America latina.

In circa il 70-80% dei casi viene definita idiopatica in quanto l’eziologia non è nota. In una piccola percentuale di casi è secondaria ad una causa scatenante come ad esempio: alcuni farmaci (antinfiammatori non steroidei; cloramfenicolo e sulfamidici tra gli antibiotici; fenitoina e carbamazepina tra gli anticonvulsivanti; antidepressivi; antidiabetici; antimalarici; antitiroidei), agenti chimici (benzene, pesticidi, oli e lubrificanti, alcune droghe come  ecstasy, MDMA, metanfetamina); infezione virale (più frequentemente è implicato un virus che determina epatite ma anche il parvovirus, l’ Epstein Barr Virus, l’HIV); radiazioni; alcune malattie autoimmuni (come fascite eosinofila ed ipogammaglobulinemia); timoma; gravidanza; emoglobinuria parossistica notturna (PNH).

Non è ancora noto il motivo per il quale solo alcuni individui siano suscettibili a tale evoluzione. Esistono precisi criteri diagnostici che permettono di classificare l’ AA in molto severa, severa non severa, a seconda della cellularrità midollare e del quadro di citopenia periferica.

Quali sono le cause dell'Anemia Aplastica Acquisita?

Nell’ultimo decennio, studi in vitro che hanno utilizzato il sangue midollare di pazienti affetti da AAA, hanno dimostrato che nell’eziopatogenesi della malattia sono annoverabili diversi fattori che spieghino la distruzione delle cellule staminali emopoietiche: la riduzione dei progenitori emopoietici, l’aumento dei linfociti T soppressori, un’laterazione delle cellule mesenchimali.Questi fattori supportano l’ipotesi che l’AAA sia una patologia midollare immuno-mediata e rendono ragione del fatto che i trattamenti di scelta siano il trattamento immunosoppressivo e/o il trapianto di cellule staminali emopoietiche.

Quali sono i segni o i sintomi dell'Anemia Aplastica Acquisita?

I sintomi che devono far sospettare l’insorgenza dell’insufficienza midollare sono una profonda stanchezza, causata dall’anemizzazione, e/o la comparsa di ecchimosipetecchie sanguinamenti più importanti come conseguenza della piastrinopenia.

Qualora i globuli bianchi siano molto bassi, il quadro d’esordio può essere caratterizzato da febbre per un’infezione anche molto grave. Un adeguato ed immediato trattamento è necessario per evitare che sanguinamenti importanti ed infezioni gravi possano mettere a rischio di vita il paziente.

E’ inoltre nota l’aumentata predisposizione a patologie ematologiche maligne tra le quali, soprattutto, la mielodisplasia (MDS) e la leucemia mieloide acuta (LMA) con un rischio di sviluppare tali patologie a 10 anni dalla diagnosi variabile dal 5 al 20%, in correlazione al grado di risposta al trattamento immunosoppressivo.

Come si pone la diagnosi dell'Anemia Aplastica Acquisita?

Gli accertamenti diagnostici necessari per arrivare ad una diagnosi precisa prevedono oltre ad una anamnesi completa, mirata ad evidenziare eventuali esposizioni a sostante tossiche ed un attento esame obiettivo, l’esecuzione di un esame emocromocitometrico con formula leucocitaria e conta dei reticolociti, di indagini di laboratorio (bilirubina totale e frazionata, LDH, HbF, indagini virologiche, screening epatiti), di un aspirato midollare con valutazione cito-morfologica, citogenetica convenzionale e FISH per cromosoma 7 e 8, saggi clonogenici in vitro ed eventuale immunofenotipo), di una biopsia osteomidollare (molto più informativa dell’aspirato midollare in quanto consente una valutazione precisa della cellularità globale, dell’emopoiesi delle tre serie, della componente adiposa e del sistema reticolocitario; è fondamentale per la diagnosi differenziale con le MDS); è inoltre necessrio eseguire un test di fragilità cromosomica al Diepossibutano (DEB), per escludere la diagnosi di aplasia midollare in corso di Anemia di Fanconi, il fenotipo PNH in citofluorimetria, lo studio molecolare delle aplasie midollari con patologia congenita (DKC1, TERC, TERT, SBDS) ed, a completamento diagnostico, ecoaddome completo ed ecocardiogramma.

Come si tratta l'Anemia Aplastica Acquisita?

Una volta posta diagnosi di AAA, di qualsiasi natura sia il primo passo terapeutico da intraprendere è la tipizzazione HLA del nucleo familiare e qualora si identifichi un donatore HLA identico è indicato sottoporre il giovane paziente a trapianto di cellule staminali emopoietiche (SCT) il più precocemente possibile, in quanto rappresenta il trattamento di scelta vista la sopravvivenza del 91%.

Dati della letteratura su 2739 pazienti dimostrano, inoltre, che, in caso di SCT da donatore familiare, un breve intervallo tra diagnosi e trapianto, insieme alla giovane età del paziente ed al regime di condizionamento senza irradiazione corporea, è il fattore prognostico più favorevole consentendo una sopravvivenza attuariale a 10 anni del 73% (superiore rispetto al 68% dopo trattamento immunosoppressivo). Inoltre, è da sottolineare che, nel caso di pazienti in età pediatrica, l’andamento post-SCT è particolarmente favorevole nel caso il paziente sia affetto da AA molto severa.

La procedura trapiantologia è ancora gravata da un rischio di morbilità e mortalità ed anche da un rischio di circa il 10-15% di non attecchimento o di rigetto secondario, talora anche molto tardivo (oltre gli 8 anni dallo SCT). Il regime di condizionamento deve essere privo di irradiazione corporea totale e deve prevedere basse dosi di ciclofosfamide.

Qualora non sia disponibile un donatore familiare HLA compatibile, è indicato il trattamento immunosoppressivo (IS) basato sull’effetto immunologico di diversi farmaci immunosoppressivi quali il siero anti-linfocitario (ATG) e la cislosporina. Nella popolazione pediatrica, la letteratura internazionale riporta una frequenza di risposta ematologica completa del 50% e parziale del 30%, ad un tempo mediano di 100 giorni dall’inizio del trattamento. La sopravvivenza dei pazienti pediatrici trattati con IS è > 80%. La valutazione della risposta ematologia alla terapia IS avviene dopo 120 giorni dall’inizio del trattamento: in relazione alla risposta ottenuta verrà definita la scelta terapeutica, a volte molto difficile, ed il successivo trattamento.

In caso si proceda a SCT da donatore MUD è fondamentale che il donatore sia HLA compatibile 10/10 antigeni per ridurre il rischio di reazione del trapianto contro l’ospite (GVHD). Dal 1997, tale tipo di trattamento assicura una sopravvivenza a 10 anni del 75% (che diventa 84% nei pazienti di età < a 15 anni), soprattutto grazie alle innovazioni sul regime di condizionamento.

Durante il trattamento IS è importante eseguire controlli mensili dell’emocromo, degli esami ematochimici e trimestrali del fenotipo PNH; e’ inoltre indicato eseguire l’aspirato midollare annualmente (per valutazione cito-morfologica, citogenetica convenzionale e FISH, saggi clonogenici in vitro), con lo scopo di valutare la risposta al trattamento e per porre tempestiva diagnosi di eventuale evoluzione a MDS e/o LMA.

Dopo la sospensione del trattamento IS, è indicato eseguire controlli trimestrali/semestrali dell’emocromo e del fenotipo PNH ed annuali dell’aspirato midollare (con gli stessi scopi previsti durante il trattamento IS), per i 10 anni successivi alla diagnosi.

Anche dopo il TMO, è indicato eseguire aspirato midollare 1 volta all’anno fino al 10° anno post-TMO con valutazione cito-morfologica, citogenetica convenzionale e FISH, chimerismo, saggi clonogenici in vitro (con gli stessi scopi sopra indicati). E’ indicato continuare il monitoraggio per eventuali evoluzioni tardive a PNH.

Va inoltre sottolineato che il bambino affetto da AAA durante la fase diagnostica e durante il trattamento IS (soprattutto prima di ottenere la risposta ematologia completa) è ad elevatissimo rischio infettivo in quanto la pancitopenia periferica e la terapia stessa determinano un profondo stato di immunosoppressione che predispone ad infezioni potenzialmente letali. Il ricovero del paziente è quindi indicato ogni qualvolta si verifichi un episodio febbrile (soprattutto in corso di neutropenia e se il paziente è portatore di catetere venoso centrale) ed un trattamento antibiotico ad ampio spettro deve essere intrapreso il più rapidamente possibile. Inoltre, come per qualsiasi evento infettivo, lo stato febbrile può determinare un maggior consumo di piastrine e di globuli rossi e quindi, in corso di episodi di febbre in aplasia, il supporto trasfusione deve diventare più intenso e la terapia di supporto più attenta.

Sperimentazione

E’ attualmente in corso a livello nazionale uno studio coordinato dall’ospedale Gaslini di Genova, al quale il nostro centro aderisce, per l’uso di anti-TNF(Etanercept) in pazienti con AAA che non abbiano risposto al primo ciclo di terapia immunosoppressiva e che non abbiano un donatore di midollo osseo HLA compatibile.

Tale studio è supportato da recenti dati della letteratura che dimostrano che la citochina mielosoppressiva TNF è espressa in eccesso nelle cellule midollari dei pazienti con AF e che l’anti-TNF è in grado di incrementare in vitro l’eritropoiesi di questi pazienti. Non sono ancora stati riportati in letteratura i dati dello studio ancora in corso, ma risultati preliminari sono incoraggianti riguardo l’efficacia del farmaco a fronte dell’assenza di rilevanti effetti collaterali.

In casi selezionati, qualora non si identifichi un donatore e sia presente una residua emopoiesi, può essere indicato l’utilizzo per brevi periodi di androgeni come l’oxymetholone. Gli effetti collaterali del farmaco includono la mascolinizzazione, una riduzione della statura finale, e la possibile comparsa di adenomi e carcinomi epatocellulari ma, soprattutto, sembra avere un ruolo nel peggiorare la prognosi di un successivo trapianto di cellule staminali.