Anemia Emolitica Autoimmune

L’Anemia Emolitica Autoimmune (AEA) è una malattia rara in età pediatrica, caratterizzata dallo sviluppo di autoanticorpi (cioè anticorpi che attaccano il nostro corpo) diretti contro i globuli rossi che distruggono i globuli rossi stessi. Ne consegue una anemia generalmente grave, che insorge acutamente nell’arco di pochi giorni e che provoca una compromissione delle condizioni generali del bambino.

Da cosa è causata?

L’anemia autoimmune rientra nei disordini dell’immunità, cioè in quelle condizioni in cui il corpo produce anticorpi che invece che essere diretti contro agenti estranei o patogeni (virus, batteri etc.), attaccano il corpo stesso. 

Nelle malattie immuni che sono diverse e possono colpire tutti i distretti del corpo (tiroidite, celiachia, lupus, vitiligine, malattie infiammatorie croniche intestinali, etc.) vi è generalmente una familiarità, cioè una predisposizione all’interno della famiglia. Perché la malattia si sviluppi sono necessari altri fattori favorenti.

Alcune infezioni nel bambino possono portare a rendere prima manifesta la malattia. 

Talvolta l’anemia immune può essere la prima manifestazione di una immunodeficienza o di una malattia reumatologica che si rende evidente anche anni a seguire.

Rare condizioni, come il decorso post-trapianto di midollo osseo o medicinali particolari (assunti generalmente da soggetto con plurime patologie) possono favorire lo sviluppo dell’anemia emolitica.

Come si manifesta?

Generalmente l’anemia è moderata o grave per la distruzione rapida di globuli rossi (emolisi acuta) con conseguente rapida insorgenza di malessere, scadimento delle condizioni generali, profonda stanchezza (astenia), pallore, talvolta febbre. Si associa ittero (cioè colorito giallastro della cute e delle sclere oculari) e le urine acquisiscono un colore molto scuro (dette “urine coca-cola”). Alla visita medica si può riscontrare l’ingrossamento della milza (splenomegalia).

Il bambino viene sempre condotto in Pronto Soccorso; la diagnosi di anemia immune deve essere tempestiva perché la malattia può rappresentare una urgenza medica per cui il bambino deve essere ricoverato e prontamente segnalato al centro di riferimento per le cure più appropriate.

Come si diagnostica? 

La diagnosi dell’anemia immune si basa generalmente sulla positività del test di Coombs diretto e indiretto che evidenzia la presenza dell’anticorpo che può essere di tipo:

• caldo (generalmente di tipo IgG oppure C3d oppure entrambi): rappresenta la forma più comune di anemia immune nel bambino, riguarda circa il 60-70% dei casi;

• freddo (generalmente di tipo IgM): presente nella minoranza dei casi, circa nel 20-25%.

Raramente il test di Coombs può risultare inizialmente negativo ai test basilari e l’identificazione dell’anticorpo avviene solo a seguito di test più approfonditi.

Oltre all’emocromo con la conta dei reticolociti (cioè dei globuli rossi giovani, generalmente presenti in numero aumentato), gli esami ematochimici a supporto sono la bilirubina indiretta e l’LDH che risultano aumentate e l’aptoglobina che è assente o ridotta. Più raramente l’emocromo può mostrare interessamento anche della serie piastrinica con conseguente piastrinopenia (valore di piastrine basso).

L’esecuzione dell’aspirato midollare non è di solito necessaria nell’anemia autoimmune isolata, ma va riservato a quelle forme in cui l’emocromo evidenzia alterazioni a carico non solo dei globuli rossi, ma anche dei globuli bianchi e/o delle piastrine oppure in quelle forme in cui vi sia un dubbio diagnostico.

Esami immunologici e pannelli molecolari possono diagnosticare una patologia reumatologica oppure una immunodeficienza.

Come si tratta? 

La terapia dell’anemia immune da anticorpi caldi prevede:

  • Terapia steroidea

Lo steroide è la terapia di scelta all’esordio delle forme da anticorpo caldo. La terapia nei casi più gravi viene eseguita per via endovenosa per i primi tre giorni, poi viene proseguita per via orale. Il farmaco impiega giorni ad agire, generalmente il ricovero può durare 1-2 settimane in base all’andamento clinico, seppur la risposta alla terapia venga valutata a distanza di 3-4 settimane. Dopo questa fase iniziale, lo steroide viene lentamente e gradualmente scalato fino alla completa sospensione nell’arco di un periodo di circa 6 mesi. In acuto nei primi giorni di trattamento l’uso delle immunoglobuline endovena può essere associato. Come terapia di supposto viene associato inoltre un farmaco a protezione dello stomaco ed eventuale supplementazione di vitamina D. 

Purtroppo la terapia steroidea protratta causa uno stato di immunodepressione indotta per cui è raccomandata l’astensione dalla frequenza in comunità (evitare luoghi affollati e al chiuso, frequenza scolastica solo a distanza, no scuola dell’infanzia, limitare le visite di conoscenti/amici che non devono presentare patologie infettive in atto etc). E’ importante mantenere accorgimenti igienici (lavare spesso le mani, nel periodo invernale è raccomandata l’esecuzione della vaccinazione antinfluenzale ai conviventi stretti), mantenere un contatto con il Centro (chiamare in caso di febbre –temperatura ascellare superiore a 38°C-, malessere, diarrea, vomito ripetuto etc.). 

Lo steroide a queste dosi causa effetti collaterali transitori che possono disturbare la qualità di vita nelle prime settimane: gonfiore generalizzato, incremento ponderale significativo per “fame patologica” (è raccomandata una dieta sana, povera in carboidrati, ricca in frutta e verdura), irritabilità o umore deflesso. Raramente si può osservare rarefazione del capillizio. 

Questi effetti si risolvono progressivamente con lo scalo della terapia e la sospensione del farmaco. E’ raccomandata la frequente ed abbondante applicazione di crema idratante più volte al giorno. Per combattere tali complicanze, nelle prime settimane la Sport Therapy, volta ai bambini in età scolare ed adolescenti, può essere d’aiuto.

  • Trasfusioni di sangue

La terapia trasfusionale nell’anemia emolitica va riservata a casi selezionatissimi (es. valori di emoglobina molto bassi, pari o inferiori a 4 g/dL con scadimento delle condizioni generali) . La presenza dell’anticorpo infatti crea problematiche di incompatibilità e di iper-reattività immunologica verso la sacca trasfusa con possibile, conseguente, ulteriore aggravamento della distruzione dei globuli rossi e delle condizioni generali. In questi, per fortuna rarissimi casi, in cui i globuli rossi del donatore vengono attaccati, diventa salva-vita il ricorso alla plasma-exchange, procedura aferetica complessa, disponibile solo presso centri specializzati, che porta alla rimozione transitoria dal circolo degli anticorpi. E’ una procedura da eseguirsi con la disponibilità del supporto intensivista nel caso in cui il paziente necessiti di ricovero in rianimazione.

  • Rituximab

Nelle forme che non rispondono al cortisone o che presentano una recidiva a distanza, è indicato il trattamento con Rituximab, farmaco endovena da infondersi settimanalmente per quattro dosi e che agisce sui globuli bianchi produttori di anticorpi, i linfociti B. E’ un farmaco usualmente molto efficace e ben tollerato. Molto raramente, a distanza di mesi dal farmaco, sono riportati casi di incapacità a produrre anticorpi verso i comuni agenti patogeni con la conseguente necessità di infondere periodicamente immunoglobuline endovena o sottocute ogni 4 settimane, potenzialmente anche a vita.

  • Altri farmaci immunosoppressori

Nel trattamento delle forme con plurime recidive di anemia autoimmune possono essere impiegati diversi farmaci immunosoppressori (bortezumib, ciclofosfamide, micofenolato, ciclosporina, azatioprina, alemtuzumab). Anche la rimozione della milza (splenectomia) si è rivelata talvolta efficace nel controllo della malattia. 

La terapia dell’anemia immune da anticorpi freddi, invece, si basa sul controllo della condizione scatenante l’anemia, cioè nel bambino, spesso, l’infezione sottostante. Il trattamento farmacologico, nei pochi casi che non si risolvano prontamente spontaneamente non si basa sul cortisone, la cui inefficacia è dimostrata, ma sul rituximab.

Come prosegue la sorveglianza?

L’anemia immune può ripresentarsi anche a distanza dall’esordio della malattia oppure può essere la spia di immunodeficienze o patologie reumato-immunologiche che possono rendersi manifeste anche ad anni di distanza. 

Per questo è importante mantenere una sorveglianza, un follow-up nei mesi ed anni a seguire con controlli periodici degli esami ematochimici e dell’immunità.