Alla scoperta degli Instabili…Fabiola
Oggi conosciamo Sophie, interpretata dalla nostra dottoressa Fabiola Dell’Acqua, che ha affrontato l’avventura di questo spettacolo portando in grembo il suo piccolo Gregorio, che ha ballato al ritmo degli Abba fin dai primi giorni della sua vita nella pancia della mamma. Niente è impossibile quando si crede in un sogno straordinario, insieme…
“C’È UN SOGNO CHE”… CE LO RACCONTA LA NOSTRA DOTTORESSA NEO-MAMMA, FABIOLA
Mi è subito sembrata un’idea meravigliosa: quella di unire genitori, medici, infermieri, ex pazienti e volontari nella costruzione di uno spettacolo. Il teatro era stata una mia grande passione prima di iniziare a lavorare a tempo pieno e quella sarebbe stata un’occasione per ricominciare un poco.
Ecco perché ho subito accettato di prender parte al progetto. Diverso è stato accettare di interpretare la parte di Sophie, una delle protagoniste…per quello sì che ci ho dovuto pensare un po’.
Conoscevo quasi tutti gli attori, ma per me la maggior parte erano genitori di piccoli pazienti o pazienti loro stessi. E io per loro ero uno dei tanti medici del Centro. Non è stato facile uscire dal ruolo di medico e passare a quello di compagni di avventura. All’inizio facevo fatica anche solo a dare del “tu”. Credo che un buon medico debba cercare di essere empatico con i ragazzi e con le famiglie, di essere vicino non solo come professionista, ma anche come compagno della strada più difficile che una famiglia possa trovarsi a dover percorrere. Ma credo anche che non si possa prescindere dalla professionalità: è sempre un delicato equilibrio tra vicinanza e necessario distacco… le domande e i dubbi sul proprio modo di comunicare e di lavorare sono all’ordine del giorno. Lì, in un momento, tutto si trovava sotto sopra e mi sono trovata a dover costruire una nuova modalità di condivisione.
Per me l’avventura degli Instabili ha coinciso con l’avventura dell’attesa e della nascita del mio piccolo Gregorio. Abbiamo iniziato il progetto quando ancora non sapevo che fosse in viaggio e poco dopo ho scoperto di essere incinta. Ogni fotografia di quei mesi per me affianca la meraviglia di vedere lo spettacolo diventare piano piano realtà e quella di vedere il pancione piano piano crescere. A pensarci ora a distanza quello è stato e sarà sempre il periodo più creativo della mia vita, sotto tutti i punti di vista.
Non nego che ci siano stati momenti difficili. Quando ho comunicato di essere incinta, dopo la felicità del momento, subito è esploso il “terrore” di come fare a sostituirmi… poi, ricordo distintamente tutti noi intorno a quel tavolo, e qualcuno che ha iniziato a dire che forse avrei potuto farlo lo stesso… e io stessa a provare a crederci. Ci sono stati momenti in cui mi sono sentita un po’ in crisi e mi sono chiesta chi me lo avesse fatto fare… Come ad esempio quando mi trovavo lì a far le prove fino alle undici di sera con il pancione di nove mesi o con il piccolino di un mese… Però non mi sono mai realmente pentita di essere andata avanti, quello mai…
Ho tantissimi ringraziamenti da dover fare. A Paolo che è stato il primo ad incoraggiarmi ad andare avanti, quando io gli esponevo dubbi e perplessità nel riuscire a far star insieme tutti i pezzi e che non si è mai tirato indietro nell’aiuto pratico, anche quando questo voleva dire fermarsi dopo una giornata di sala operatoria ancora in ospedale per le prove. Alle mie sorelle e alla mia mamma, che hanno coccolato Gregorio mentre io facevo le prove e che lo hanno fatto addormentare sulle note dello spettacolo. A tutti gli Instabili, che mi hanno accolta, che mi hanno aiutata ad essere parte di loro, anche se, per certi versi, nella vita ospedaliera, può sembrare che noi medici siamo “dall’altra parte della barricata”, che mi hanno regalato emozioni e divertimento e che sono riusciti a realizzare uno spettacolo veramente di valore.
E infine, a Gregorio, che fin da quando non era che un pugnetto di cellule, ha ascoltato gli Abba, ha ripetuto con me le battute, si è addormentato cullato dai balletti e ha sopportato le ultime settimane di prove continue e l’interminabile giornata dello spettacolo senza mai lamentarsi. Credo che il fatto che ora, nei suoi meravigliosi 5 mesi, sia un bambino sempre sorridente e che non vuole mai stare fermo un secondo, sia anche un po’ merito degli Instabili.
Mi ha spinto a fare tutto questo desiderio di trasformare una volta ancora l’Alleanza Terapeutica in qualcosa di concreto. Il progetto di vedere sullo stesso palcoscenico pazienti, genitori, volontari, medici ed infermieri è qualcosa di straordinariamente potente. Indica che esiste una forza che va al di là della malattia e del dolore, al di là della fatica delle giornate lavorative e delle situazioni critiche da gestire, al di là dei ruoli e delle contingenze per creare qualcosa di magico. Qualcosa che poi, attraverso la raccolta fondi, possa tornare ancora all’origine, in un cerchio virtuoso che trasforma il dolore e la fatica in felicità e speranza.
Gli instabili sono per me tutto questo… il segno che Insieme è possibile affrontare ciò che da soli sarebbe impossibile. Affrontare la malattia di un bambino come portare sul palcoscenico una compagnia di gente diversissima che nella vita fa tutt’altro.
Fin dall’inizio di questo progetto, nei momenti in macchina da sola mentre tornavo a casa la sera, mi piaceva immaginarci trasformati in una compagnia “stabile”, che portasse in giro questo spettacolo in altri teatri e che poi potesse anche pensare di crearne degli altri. Questo era uno dei motivi per cui non ho voluto mollare anche quando ho scoperto di essere incinta. Volevo continuare a far parte del gruppo originario di questo progetto.
Al signor Verga dico grazie per aver creduto nel nostro progetto, ma ancora di più per essere l’anima di un progetto ben più grande che da 40 anni sostiene bambini, famiglie, pazienti, medici, ricercatori. Vederlo commuoversi alla prova generale del nostro spettacolo è stata la prova che sarebbe stato un successo.
Perché venire a vederci? Potrei dire che è uno spettacolo magico perché nato nei locali di un Ospedale dal sogno di una mamma, sostenuto dall’entusiasmo di un padre e messo in scena da medici, infermieri, ragazzi guariti, genitori e volontari. Potrei dire che rappresenta perfettamente l’Alleanza terapeutica che sta alla base degli ideali del Comitato Maria Letizia Verga. O anche che tutti gli attori hanno messo tanto cuore nel dedicare tempo a questo progetto. Ma, da grande appassionata di teatro, voglio dire anche che, per qualità del risultato, è uno spettacolo assolutamente degno di calcare palcoscenici ben più che amatoriali.