I NOSTRI MEDICI | 10 Dicembre 2018

Breve diario di missione – Hiwa Hospital, Suleymaniah, Iraqi Kurdistan

19-27/10/2018

Dopo quasi un anno di assenza da parte dello staff internazionale siamo finalmente riusciti a tornare in Kurdistan. Da ottobre 2017 per ragioni politiche infatti non era più stato possibile ottenere i visti e abbiamo seguito i nostri colleghi tramite riunioni settimanali utilizzando una piattaforma telematica. Questa volta sono atterrata ad Erbil, e ho attraversato il deserto roccioso dell’Iraq, la strada della montagna che porta a Suleymaniah. Quella più rapida, che attraversa Kirkuk, non è considerata sicura dopo l’invasione militare da parte dell’Iraq.

Ho provato grande emozione nel ritornare in quella che ormai è una casa per noi. Oltre ad una accoglienza piena di affetto sono stata positivamente sorpresa dallo stato dell’arte che ho trovato. Ad oggi hanno effettuato 65 trapianti autologhi e 9 allogenici nell’adulto, 10 autologhi e 25 allogenici nel bambino. Il centro aferesi ha effettuato 144 raccolte di cellule staminali periferiche. Il reparto e il day hospital funzionano bene e la modalità di gestione del lavoro quotidiano sono rimaste esattamente come le avevamo impostate all’inizio.

E sì. Di tempo ne è trascorso da quanto siamo arrivati qui la prima volta. Da quando abbiamo guardato attoniti il centro trapianti divorato dalle fiamme, poi ricostruito in tempi rapidissimi. Me ne sono resa conto quando ho abbracciato Asude, la prima bambina che abbiamo trapiantato. Mi è corsa incontro dall’altro capo del corridoio, bellissima, con ancora lo zaino di scuola sulle spalle. Sta bene, i capelli nero-blu che stanno crescendo, il sorriso che ricordavo.

Eppure, nonostante i nostri colleghi curdi siano stati in grado di portare avanti il lavoro, avverto chiaramente che hanno ancora bisogno di noi. Dobbiamo affrontare insieme la sfida del trapianto aploidentico, quello da genitore. Un trapianto difficile. Ma in questi luoghi non avranno mai accesso alla banca mondiale dei donatori di midollo e non tutti i pazienti hanno la fortuna di avere un fratello compatibile. Perciò questo deve essere il nostro prossimo traguardo. Per permettere loro di curare il maggior numero di bambini possibile.

Al termine della mia missione ho ripreso la strada delle montagne. Nel mezzo di una tempesta di sabbia, che entrava in gola, i contorni delle rocce sparivano e si confondevano col giallo del cielo. La nebbia del Medio Oriente, delle terre di mezzo. Per un istante mi è sembrato di essere nella mia, di nebbia, quella della pianura padana. Ma è stato solo un attimo, e sono subito ritornata in questa terra. Ci siamo fermati a bordo strada, le teiere dorate fumavano accanto al fuoco. Abbiamo bevuto un tè bollente. E via verso casa.