I NOSTRI MEDICI | 31 Maggio 2016

In Iraq per dare vita al primo centro di trapianto di cellule staminali ematopoietiche del paese

Hiwa Hospital di Suleymania

Progetto di start-up di un centro di trapianto di cellule staminali ematopoietiche a Suleymania, regione autonoma del Kurdistan, Iraq

Check in di Milano Malpensa. Dopo 6 mesi di preparazione di questa prima missione appoggio la valigia sul rullo, finalmente ci siamo. La signorina della Turkish Airlines mi sorride, poi guarda la mia destinazione e diventa seria. – Per entrare in Iraq serve il visto. Lei non può partire -. Sbianco, dentro di me penso che all’interno del gruppo abbiamo affrontato il tema “visto” almeno 100 volte e tutte e 100 mi era stato risposto che non era necessario. Mando un messaggio non propriamente gentile al logista, quando la signorina attira nuovamente la mia attenzione dicendomi che è tutto a posto, niente visto. Sorrido io questa volta, mentre guardo la mia valigia che si avvia sul nastro trasportatore.

Così sono riuscita ad arrivare a Suleymania. Insieme a me un gruppo di ematologi, biologi, infettivologi, tecnici di laboratorio, infermieri da tutta Italia. Obiettivo: 10 mesi di tempo per accompagnare l’Hiwa Hospital, centro emato-oncologico di buon livello, nell’avvio del trapianto di cellule staminali ematopoietiche. Il primo centro in tutto l’iraq, un paese in guerra da sempre. Un progetto formativo, ambizioso ma sostenibile perché basato sull’impiego di risorse locali.

La nostra Clinica Pediatrica, grazie all’appoggio del Prof.Biondi, ha deciso di aderire a questa cordata di centri italiani ed europei supportando fortemente il progetto con la disponibilità di medici e infermieri a fare formazione e affiancamento al personale locale. L’idea è nata da una Onlus romana, ICU (Istituto per la Cooperazione Universitaria Onlus) che ha vinto un bando del Ministero per gli Affari Esteri sull’emergenza sanitaria nel Kurdistan Iracheno. Il continuo incremento di patologie ematologiche legato anche all’enorme affluenza di rifugiati iracheni e siriani ha reso infatti stringente la necessità di fornire il paese di un centro trapianti, laddove attualmente i pazienti vengono dirottati in India e Giordania con enormi costi sanitari. Il finanziamento è in parte in carico al governo curdo e in parte al nostro.

L’adesione così generosa del nostro Centro va senz’altro ricondotta da una parte alla lunga tradizione di cooperazione che lo contraddistingue e dall’altra, in questo caso specifico, anche al legame affettivo che lega diverse persone della nostra Ematologia ad un bambino proprio di Suleymania che è stato curato qui a Monza, il cui padre sta dando un contributo fondamentale nel supportare questo progetto così prezioso per il suo paese.

Dicevo, così sono riuscita ad arrivare a Suleymania. Sole, colline verdi senza alberi, strade trafficate, edilizia lasciata a metà da quando è crollato il prezzo del petrolio. Un paese che sembrava diventare ricco e che improvvisamente si è ritrovato povero come prima. Un paese lasciato a metà, come se tutti si fossero alzati in fretta da tavola senza sparecchiare.

hiwa hospital suleymania

I primi 12 giorni sono stati dedicati ad un corso formativo sul trapianto, più di 40 ore di lezione tutte faticosamente preparate nei mesi precedenti la missione. Il primo giorno eravamo timorosi, non sapevamo chi avremmo trovato e se sarebbero stati interessati, collaborativi, diffidenti. All’ultimo giorno le lezioni duravano ormai tutte più del previsto per le troppe domande e il dibattito animato. Alla consegna dei diplomi arrivarono inaspettatamente le televisioni e fece la sua comparsa il Ministro della Salute. Quel giorno cominciammo a credere che forse il progetto davvero potesse decollare.

Da quel pomeriggio sono trascorsi altri pomeriggi, alcuni buoni, altri sconfortanti. Il gruppo di volontari internazionali si sta alternando in loco e tutti ci teniamo in contatto quotidiano. Ciascuno di noi porta avanti il proprio lavoro anche da casa e tutti torneremo lì per continuare. Dal nostro Centro oltre a me per il momento dovrebbero partire Attilio Rovelli, che in tutto questo tempo ha sempre supervisionato il mio lavoro, e tra le infermiere Marta Canesi, Gloria Ciabatti e Chiara Broggi.

Potremmo fallire. Assolutamente sì. Invece magari tutto andrà bene. Come direbbero a Suleymania, Inshallah!