Studiare, agire, amare
Conosco il progetto “La Mascota” da anni… Ho qualche sorella e fratello “a distanza”, ma non avrei mai pensato che laggiù, in Nicaragua, avrei trovato un’altra famiglia. In ospedale, per la strada, nella casa dove ho vissuto per sei mesi. Spesso sospesa tra la drammaticità e la semplicità, tra la durezza e la leggerezza, tra i mille contrasti di un paese dove si muore… E si rinasce.
Ho lavorato sei mesi nell’ospedale pediatrico “Manuel de Jesus Rivera-La Mascota” di Managua, capitale del Nicaragua, uno staterello del Centramerica. In questo ospedale ci sono 21 reparti, tra cui pediatria generale, ematologia, oncologia, nefrologia, cardiologia, malattie infettive, chirurgia, radiologia, pronto soccorso, terapia intensiva pediatrica e neonatale. La Mascota è uno dei pochi ospedali del paese dove le cure per i bambini sono gratuite. Anche per i bambini malati di cancro. Ho lavorato per la maggior parte del tempo proprio nei reparti di ematologia ed oncologia, nell’ambito della solida cooperazione nata nel 1986 che tiene uniti il San Gerardo e La Mascota. Dopo 28 anni di lavoro condiviso e supportato anche da altri centri europei e statunitensi si è passati da una percentuale di guarigione da malattia oncologica pari a 0 – tutti i bambini con diagnosi di cancro non avevano possibilità di sopravvivere – ad una percentuale complessiva di guarigione del 50-60%.
La maggior parte dei medici fa un lavoro encomiabile. Le infermiere fanno turni massacranti per stipendi irrisori. La routine ospedaliera non è molto lontana da quella che tutti noi viviamo tra l’ottavo e l’undicesimo piano (scrivo pre-trasloco!): reparto e day hospital per la clinica, i progetti di sostegno sociale e psicologico per i bambini che vengono da più lontano e con maggiori necessità, le lezioni in università per il personale, persino la tipica distribuzione dei vassoi ai pazienti ricoverati da parte del personale della mensa… Non ci ho messo molto tempo ad abituarmi a questo “nuovo” lavoro e sono stata accolta a braccia aperte dalla maggior parte del personale. Per non parlare dei bambini e delle loro famiglie… spesso incuriositi dalla dottoressa “chela” (chiara di carnagione) che col suo spagnolo un po’ stentato cercava di spiegare loro cosa significasse “strappare le erbacce dal giardino”.
La cooperazione e lo scambio tra i nostri paesi sono fondamentali per la crescita. La maggiore determinante della mortalità che ancora si registra tra i bambini affetti da tumore è il ritardo nella diagnosi e nell’accesso alle cure specialistiche, dovuto sia al ritardo nel riconoscimento della patologia da parte del personale sanitario degli ospedali periferici, sia alle difficoltà che molte famiglie hanno nel condurre il proprio bambino fino a Managua. Quella che in Italia è una distanza percorribile facilmente, là può essere uno spazio inattraversabile. E questa distanza ha un grande peso anche nel problema dell’abbandono delle cure. I bambini che arrivano alla Mascota sono inoltre spesso malnutriti e affetti da gravi infezioni, due fattori che impattano enormemente nel trattamento di una patologia oncologica. E se si tratta di patologie potenzialmente non curabili con chemioterapia, se non con trapianti di midollo… Per adesso, in Nicaragua, questa opportunità terapeutica non esiste.
Quando sono partita avevo con me i protocolli AHOPCA (la sorella della nostra AIEOP), scatole di antibiotici, allopurinolo ed idrossido di alluminio per le lisi tumorali (grazie Anishelle!)… ma la vera differenza è stato l’imparare a prendersi cura, sempre, anche quando non si può guarire, con gli strumenti che si hanno a disposizione. Così la malattia non ha vinto mai. Così non vince mai, in nessuna parte del mondo.
Dopo un anno, col passare del Tempo… La consapevolezza è ogni giorno più forte. Ognuno di quei bambini ha fatto molto di più di tutto quello che io possa aver fatto per loro.
Francesca Masciocchi