I NOSTRI RAGAZZI GUARITI | 26 Giugno 2014

Vivete la vita

Nicolò è un ragazzo di 12 anni in cura presso il centro di ematologia pediatrica dell’Ospedale San Gerardo di Monza per un linfoma di Hodgkin, ora in fase di remissione completa. Quella che segue è la testimonianza di Leonardo (età 11 anni), cugino di Nicolò, che con il suo tema è riuscito ad esprimere i suoi pensieri e tutte le emozioni vissute nei mesi che lo hanno visto compagno di giochi di Nicolò.

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Ah, com’ero felice di tornare a casa dopo una settimana in Egitto, il viaggio in aereo era stato pesante ma ora eravamo lì, carichi di valigie e ricordi di quella bellissima vacanza passata all’insegna del divertimento. Ci stavamo incamminando verso l’uscita del gate quando uno squillo, un solo rumore, quello del cellulare di papà, ci bloccò. Come vorrei non aver mai sentito quel suono! Mi ricordo ancora la faccia dei miei genitori, un sorriso che si trasformava ben presto in lacrime, una stretta al cuore accompagnata da occhi rossi lucidi. Al telefono era mio zio Giovanni, lui che è sempre in grado di farmi ridere ma non quella volta, quella volta mi fece piangere, solo lacrime, niente risate.

La notizia che trasformò il nostro ritorno a casa in un’agonia fu: “Nicolò ha un tumore”. Nicolò è mio cugino, ha un anno in più di me ed è simpaticissimo. La notizia mi aveva rabbrividito, avevo visto film sulla vita di persone che avevano avuto questa sfortuna, di avere una malattia così grave, e non potevo immaginare che questo stesse accadendo proprio a Nicolò.

Il giorno più brutto della mia vita è stato proprio quello. I giorni a seguire andammo a trovare Nicolò in ospedale. Vederlo sdraiato sul letto mi faceva piangere, cercavo di non farlo davanti a lui anche se la tristezza che provavo era infinita. Tutti noi suoi parenti cercavamo di farlo ridere o almeno sorridere. Non mi scorderò mai quella prima visita a Nicolò al reparto di ematologia dell’ospedale di Monza. Nicolò condivideva la stanza con Eugenio, un altro bambino che aveva una malattia simile e che aveva già perso i capelli, ciò che succede a tutti i malati che devono curarsi da un tumore. Non so se Nicolò sapesse già che probabilmente era destinato anche lui a perdere i capelli, ma se lo sapeva, stava affrontando bene la situazione. In quel momento mio cugino mi sembrava la persona più coraggiosa che potesse esistere.

Tornato a casa non sapevo cosa dire, non potevo ancora credere che fosse successo davvero. Per non spaventare Nicolò, quando lo vedevo non dicevo una parola sulla malattia, gli parlavo normalmente da cugino a cugino, non me la sentivo di sprigionare la tristezza che nel mio cuore ribolliva. Mio cugino ha dovuto sopportare tantissimi esami dolorosi e terapie dure e difficili. Mi ricordo la seconda volta che andai in quel maledetto ma, allo stesso tempo, meraviglioso ospedale. Mio cugino doveva fare la chemioterapia e io non riuscivo a non commuovermi davanti ad un simile orrore: Nicolò piangeva perché non riusciva a fare la flebo e si dimenava anche se zio Sandro gli era accanto. Io pensavo a quanto potesse essere brutta quella terapia, ma sapevo che era per il suo bene. Comunque questo pensiero non mi rassicurava. Era troppo per un ragazzo di 12 anni.

Durante il periodo in cui Nicolò era fuori dall’ospedale e ci tornava solo per gli esami, il weekend lo trascorreva spesso da noi. Sembrava che quando era in nostra compagnia tutto andasse bene, come se noi fossimo la sua piccola motivazione per andare avanti. Insieme vedevamo film, giocavamo e scherzavamo come sempre. A Nicolò però questo non bastava, infatti per tutti i mesi in cui doveva fare analisi e terapie non è riuscito a superare la terribile paura della TAC, ma doveva andare avanti, pensare positivo anche se in questa vicenda di positività non ce n’è, e lo capisco.

Mi ricordo che ero a casa sua a Cinisello quando scoppiò in lacrime perché l’indomani doveva fare la TAC. Mia zia e la mamma cercarono di confortarlo. Io ero impietrito con le lacrime che mi bagnavano la camicia e pensavo: “Ma i dottori non hanno metodi meno dolorosi e impressionanti?” ma sapevo bene che era ingiusto prendersela con i dottori che facevano di tutto per curare mio cugino.

In quei mesi non voglio immaginare ciò che provavano i miei zii: mia mamma dice sempre che la cosa peggiore per un genitore è vedere piangere e soffrire i propri figli, quindi pensate come si potevano sentire i genitori di Nicolò, disperati, ma sempre fiduciosi perché alla fine si devono superare anche queste difficoltà.

A causa dei medicinali che prendeva, venne anche per Nicolò il momento in cui perse i capelli e con quelli anche un po’ di serenità e felicità. Quando rividi Nicolò con quel nuovo aspetto, il mio cuore batteva come una locomotiva che si avvicina sempre di più alla sua fermata chiamata il vero senso della vita. Vedevo Nicolò soffrire e coprirsi con un cappellino ogni volta che usciva di casa. L’ho visto vergognarsi e pensare quasi di rinunciare a fare la Cresima, ma poi in quel giorno speciale, con un gesto di coraggio, l’ho visto togliersi il cappello, davanti al vescovo e a tutta la chiesa, facendo commuovere tutti noi.

Passavano i mesi e Nicolò migliorava, il tumore diminuiva sempre di più fino alla guarigione. Tutta la sofferenza era finita, la sua vita poteva riprendere la normalità e si sentiva finalmente libero. Ogni goccia che durante questo periodo mi è caduta dagli occhi mi ha dato un grande insegnamento di vita. Credo che tutti noi abbiamo una visione diversa della vita ma questa è per tutti un’opportunità imprevedibile che dobbiamo accettare perché unica, senza mai mollare ed avere la forza ed il coraggio di andare avanti, come mio cugino. La vita è come un pacco regalo, bello, ma non sai cosa puoi trovarci dentro.

Ora Nicolò vuol fare il dottore, forse alimentato dalla voglia di salvare bambini sfortunati come lui.

Vivete la vita.