Leonardo: il dragone è stato sconfitto

“Quando nell’agosto del 2015 il nostro piccolo Leonardo si è ammalato di Leucemia Linfoblastica Acuta, il mondo sembrava ci fosse caduto addosso. Dalle vacanze al mare ci siamo trasferiti subito a Monza in MLV con una grande speranza.

La speranza che quel piccolo ricciolino ce la potesse fare.

Passato solo qualche giorno, grazie anche alla vicinanza di tutti (Le infermiere Francesca, Milka e tutte le altre, Dr Jankovic, Spinelli, Rizzari, Biondi e tutti gli altri) la speranza diventava sempre più certezza.

Un giorno la D.ssa Nichelli mi regalò un DVD (Paul and the dragon) un film di animazione dove il personaggio principale Paul sconfiggeva il drago che gli stava rovinando l’esistenza. Mio figlio l’ha divorato giorno dopo giorno. Per noi e per lui la malattia si era trasformata in drago. Le trasfusioni o la terapia in vena erano i POWERUP che gli servivano per sconfiggerlo. Questo ci alleggeriva non poco vivendo il periodo come se fossimo in “LA VITA E’ BELLA”. Ma eravamo agguerriti perché ogni giorno il dragone si faceva sentire e ogni giorno era buono per dargli una stoccata per sconfiggerlo. Tra un ricovero e l’altro, tra una risata e un pianto, e dopo la nascita di Alessandro il suo fratellino abbiamo diligentemente seguito le indicazioni dei medici. Fatto sta che Leonardo dopo 11 mesi ci ha resi i genitori più felici del mondo perché è arrivata la bella notizia che tutti si attendevano. Il dragone è stato sconfitto. Proprio come Paul.
Ora, a distanza di 7 anni, volevo raccontarvi di una famiglia sempre più unita e felice grazie a Voi e grazie a Leonardo.

Ora è un bravissimo studente, l’anno prossimo sarà in quinta elementare. Gioca a calcio e fa tanti gol e qualche giorno fa abbiamo celebrato la sua prima comunione. Volevamo condividere con tutti voi di MLV questa storia che possa dare speranza a tutti quelli che soffrono ancora e un bellissimo ricordo per chi come noi l’ha superato.
La vita è bella, grazie a Dio.”

Nello, Francesca, Alessandro e Leonardo

PENNINO

Valentina “…mai perdere la speranza”

Questione di numeri o è solo un gioco del destino? Non può essere casuale, più bello pensare che la vita ti mette davanti a sfide durissime ma poi ti ripaga con gioie immense.

Come la storia di Valentina: il 17 novembre del 2006 inizia il ciclo di chemioterapie, per combattere il linfoma di Hodgkins che l’ha colpita. Esattamente dieci anni dopo, proprio il 17 novembre del 2016, scopre di essere incinta.

Nel frattempo Valentina è guarita. Quando? Il 30 luglio 2007, ed è come rinascere. Stesso giorno, ma passano 10 anni e siamo nel 2017: Valentina dà alla luce la piccola Alice. “Quando ci penso, mi vengono ancora i brividi!”, racconta lei felice. Perché non si deve mai perdere la speranza.

Il ragazzino con un grande sogno: sarò un medico

Marcus, 12 anni

Marcus, 12 anni, occhi chiari e sorridenti, da grande vuole diventare un medico. Si è ammalato a 6 anni e ha concluso le terapie due anni dopo: ma qui al Centro Maria Letizia Verga ha conosciuto anche tanti amici, con alcuni si vede spesso anche ora.
Oggi frequenta la seconda media e, come tutti ragazzi della sua età, ama giocare a calcio in oratorio o ai videogame. Ha tre passioni: la squadra del cuore (l’Inter), il tennis, che pratica da un anno e mezzo, e suonare il pianoforte.

Gioco a pallavolo, ma diventerò una prof. di matematica

Marta, 17 anni

Marta gioca a pallavolo in una squadra e da grande vuole fare l’insegnante di matematica. È una bella ragazza di 17 anni, dai capelli scuri. Si è ammalata a 7 anni: i medici pensavano si trattasse di una sospetta appendicite, invece aveva la leucemia.
Così è stata trasferita a Monza, dove è stata curata: ha risposto bene alle terapie e due anni dopo è entrata in stop terapia. “Ho fatto tutta la seconda elementare in ospedale, non ricordo molto. Ma ricordo bene che ci hanno sempre accolti con calore, i medici e tutti quanti”. Oggi Marta è in quarta superiore, fa il liceo scientifico-sportivo e le piace molto.

Tra leucemia e favelas, una vita da volontaria

Roberta, 43 anni

Roberta era vicina di letto di Maria Letizia. Si è ammalata nel 1979, a 4 anni, e ancora ha un ricordo vivido di quella bimba che combatteva la leucemia come lei. Dopo lunghi cicli di terapia Roberta è guarita, già ragazzina. Ammette che è stato necessario del tempo “per metabolizzare tutta la malattia”, nel frattempo si è sposata ed è diventata mamma di Sofia (17 anni) e di Aurora (15 anni).
Poi la vita l’ha riportata proprio qui: ha sentito il desiderio di diventare una volontaria ABIO, per prestare servizio proprio in Ematologia Pediatrica e lo fa ormai da 14 anni. “È stato un modo per ritrovare me stessa”: oggi non solo in Reparto ma anche nella nostra Cascina, che accoglie quelle famiglie che devono fare le terapie ma abitano lontano da Monza. Durante le vacanze estive, quando le sue figlie sono con il papà, fa volontariato internazionale con i bambini brasiliani delle favelas.
La leucemia è stata un’esperienza drammatica, ma mi ha dato la spinta per decidere che tipo di persona volevo essere: quello che sono oggi è tutto partito dalla malattia e dalla guarigione. In una parola: resilienza”.

Dal trapianto alla Sport Therapy

Tommaso, 30 anni

Aveva solo 3 anni e sognava un giorno di giocare nel Milan, quando si è trovato a combattere contro questa malattia insieme alla sua famiglia, ai medici e agli infermieri del reparto di Ematologia Pediatrica a Monza e agli amici del Comitato Maria Letizia Verga.
Insieme abbiamo affrontato i momenti più sensibili della malattia e abbiamo gioito per le varie iniziative che si svolgevano già a quei tempi dentro all’ospedale, mi ricordo che con i volontari sembrava sempre una festa… anche se da lì a qualche istante mi avrebbero prelevato il midollo!”.

Lui è stato uno dei primi trapiantati. Crescendo, Tommaso ha sempre sperato un giorno di poter rendere tutto il bene; oggi è uno scienziato motorio del team Sport Therapy: lavora con i nostri bambini, in quella che è una vera e propria cura che usa l’esercizio come terapia. Appena racconta la sua storia, i bimbi sentono subito un legame con lui ed è fantastico.

Il bambino che non voleva andare in Paradiso

Antonio, 49 anni

Ad Antonio, ricoverato a 5 anni per leucemia, c’era un posto che proprio non andava giù: “quando non vedevamo più gli altri bambini compagni di reparto, le infermiere ci dicevano che erano andati in Paradiso. E a me questo Paradiso non piaceva, perché mi portava via tutti i miei amici”.

Quest’anno Antonio compie 50 anni: si è ammalato nell’ottobre del 1974. “A mia mamma non avevano dato nessuna speranza per me, poi un giovane medico le ha detto di portarmi a Milano. Lì mi hanno guarito”. È stato ricoverato per due anni, all’epoca i bambini stavano quasi sempre soli in ospedale, le mamme potevano vederle solo due ore al giorno, durante gli orari di visita.

Oggi Antonio è un fisioterapista e un preparatore atletico, ha una famiglia che lo rende felice: la moglie Luciana e il figlio Alberto, di 13 anni. Per Antonio è importante che i bambini e le famiglie abbiano a disposizione una psicologa e un’assistente sociale, come al Centro Maria Letizia Verga e ha deciso di mettersi in gioco in prima persona, svolgendo per un periodo il ruolo di “testimone esperto” con i nostri adolescenti, per aiutarli ad affrontare dubbi e incertezze. “Guarire dalla leucemia è la conquista più bella per apprezzare la vita”.

La prima bimba guarita oggi è nonna

Lorena, 60 anni

La nostra prima bambina guarita, Lorena, oggi è una nonna felice. Si è ammalata di leucemia nel 1969, quando aveva appena 11 anni. All’epoca una diagnosi così lasciava ben poco spazio alla speranza. Ma lei ce l’ha fatta e oggi può tenere in braccio la sua piccola Matilde, quella nipotina che le assomiglia così tanto.
È guarita nel 1976, a 16 anni. Alle ultime chemio l’accompagnava già Gilberto, il suo fidanzatino, che poi è diventato marito e compagno di una vita. Lorena è grintosa e ama definirsi “pragmatica”. “Non sopporto l’ignoranza e la presunzione”, ammette con energia. Combattere la leucemia ha rafforzato il suo modo di essere: è una persona determinata e su cui contare.
Nella vita ha potuto realizzare tanti sogni: oltre al legame con Gilberto, ancora fortissimo, è diventata mamma di Ivano, 36 anni, ed Elisa, 33 anni. “Non sono né una mamma né una nonna apprensiva, nonostante la malattia che ho avuto: amo chi è diretto con me, come ha sempre fatto il prof. Masera”.

Jessica e la sua partita più importante

Mi chiamo Jessica e oggi ho 20 anni ma quattro anni fa ne avevo 16. 16 anni, il mondo in mano e il primo amore, le serate con gli amici, le prime esperienze e la passione di sempre: la pallavolo. Uno sport che è entrato dentro di me quando avevo solo 8 anni: gli allenamenti infiniti in palestra, le tre partite a settimana, tutte le lacrime, le gocce di sudore versate in campo, il sentirsi parte di una famiglia. La pallavolo per me era tutto questo e grazie ad essa ho imparato a non mollare mai. Ho giocato migliaia di partite ma la più importante di quel 2015 era la finale di campionato che avrebbe permesso a me e alle mie compagne di diventare campionesse provinciali. Era LA partita, quella che tutte aspettavamo da una vita ma che purtroppo andò male. Per me quella finale significava tutto e rimasi molto delusa, tanto che in palestra non parlai più con nessuno per ben due settimane dopo quella sera.

Tuttavia non sapevo che cosa il destino avesse in serbo per me, era il 5 giugno del 2015 e da parecchi giorni lamentavo un dolore atroce alla testa quando mamma e papà decisero di portarmi in pronto soccorso. La diagnosi fu tremenda: ai miei genitori venne detto che molto probabilmente si trattava di leucemia. È bastato un attimo e tutto è crollato, un minuto per trovarmi su un elicottero ed essere trasportata a Monza, San Gerardo 11 piano al Comitato Maria Letizia Verga. Il Comitato rappresenta l’eccellenza italiana per la cura di leucemie e linfomi e di altre malattie del sangue che si presentano in età pediatrica.

La mia vita è cambiata nel giro di poche ore, ma come in una partita di pallavolo mi sono detta che mai e poi mai avrei mollato e mai avrei permesso alla malattia di prendere il sopravvento su di me. È stata dura: 4 cicli di chemioterapia ed il trapianto che era l’unica soluzione per salvarmi la vita, ma un trapianto è sempre un’incognita e nessuno poteva sapere come avrei reagito. Nell’incertezza e nella paura di quei giorni però ho trovato la forza e la grinta. Il trapianto per me ha rappresentato il tie-break, quel quinto set che nella pallavolo rappresenta l’ultima possibilità per vincere e così è stato. Fare il trapianto di midollo osseo era per me l’unica speranza di guarigione: ero pronta ad affrontare la partita più importante della mia vita. Ho combattuto avendo vicino tutta la mia famiglia, il ragazzo, gli amici più cari ma soprattutto avendo a fianco medici ed infermieri eccezionali che tutt’oggi rappresentano una parte fondamentale della mia vita.

Il Comitato Maria Letizia Verga infatti non è un semplice ospedale ma è qualcosa di più: è un posto magico dove medici, infermieri, pazienti, genitori e volontari collaborano per guarire un bambino in più. È una grande famiglia e non potrei essere più felice di farne parte. Oggi sono ormai passati tre anni dal giorno della mia rinascita: ho sfiorato la morte e mi sono ripresa in mano la mia vita. Una vita che amo e di cui voglio assaporare al meglio ogni istante con profonda gratitudine per la seconda possibilità che mi è stata data. Ho vinto la partita più importante combattendo con le unghie e con i denti ma ora il sogno più grande è quello di tornare a giocare essendo consapevole che ogni volta che entrerò in campo, comunque vada, sarà una vittoria perché io ho vinto vinto la leucemia: ho vinto il bene più assoluto e prezioso che un essere umano possa desiderare, la vita.

“Per arrivare a domani”

Eleonora Colombo è una nostra mamma e ha vinto il secondo premio al Concorso Letterario Nazionale “Una goccia di sangue”, con il racconto intitolato “Per arrivare a domani” dove racconta la sua storia e quella di suo figlio Diego nel reparto di onco-ematologia pediatrica di Monza, ormai tanti anni fa.

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